In questa giornata Internazionale dedicata alla ”violenza contro le donne” il Comitato Madri unite contro la violenza istituzionale vuole attirare l’attenzione su di un aspetto trascurato, ma molto importante, che riguarda il destino dei bambini e delle loro madri quando queste ultime decidono di denunciare la violenza domestica di cui sono state vittime.
Da anni ormai ci hanno abituato ad identificare questa giornata in particolare con i femminicidi, uno degli esiti estremi di questa violenza che si verifica nella stragrande maggioranza dei casi proprio nel momento in cui le donne decidono di lasciare i maltrattanti.
Soprattutto la violenza è narrata solo ed unicamente come violenza fisica, il rosso è infatti il colore dominante. Ma qualunque donna vittima di violenza domestica sa molto bene che la violenza fisica è solo un dettaglio di una vita di assoggettamento vissuta all’insegna del terrore e della minaccia.
La stragrande maggioranza di queste donne vittime di violenza domestica sono anche madri e quando decidono di denunciare e separarsi dai questi compagni violenti non sanno che andranno incontro ad una violenza ben peggiore: quella istituzionale e ad un femminicidio che definiremo” bianco” poiché senza spargimento di sangue.
Nei tribunali, infatti, dove queste donne affronteranno la separazione legale dai loro maltrattanti, saranno indotte, con svariate minacce di vedersi sottrarre i figli, a sottoporsi a percorsi di mediazione nei quali vedranno minimizzata la violenza subita e ridefinita come “conflittualità di coppia”.
La legge 54 del 2006, sull’affido condiviso, ha introdotto principi molto discutibili come per esempio lo stabilire a priori e senza tener conto dei vissuti famigliari quale sia il “maggior interesse del minore” ossia l’avere due genitori! Principio sacrosanto e indiscutibile quando si parla di genitori degni e non violenti. Tuttavia essere genitori non è un DIRITTO ma principalmente un DOVERE e se un genitore non è violento, e la violenza domestica è nella stragrande maggioranza agita dai padri, la BIGENITORIALITÀ OBBLIGATORIA rischia solo di diventare il ripristino violento della Patria Potestà.
Il maggior interesse del minore, DI CUI TUTTI CI DOVREMMO OCCUPARE, dovrebbe essere quello di consentire ai bambini ed ai ragazzi di vivere un’ infanzia ed un’adolescenza serena forti nel sentirsi tutelati dagli adulti di riferimento e dalle istituzioni e non di essere forzati a frequentare padri o adulti che temono o disprezzano.
Occorre precisare che un altro principio forviante che ha introdotto questa legge è quello che i genitori sarebbero equivalenti. Ebbene, anche biologicamente parlando, un padre e una madre non sono equivalenti!
Il legame materno che tanto si vuol mettere in discussione e denigrare ridefinendolo un legame “ simbiotico” e conseguentemente “non sano” per i bambini, in realtà è il legame primario da cui si creano tutte le altre relazioni future ivi compresa quella con il padre. Vien da se che in contesti di violenza domestica in cui un bambino assiste o vive direttamente la violenza perpetrata dal padre rafforzi ulteriormente questo legame con il genitore che lo protegge. In realtà questo normale comportamento di tutela sia dei bambini che delle madri viene poi dagli operatori del sistema e dai tribunali riletto come un comportamento “alienante” adito ad allontanare il bambino dal padre.
Così madri e bambini vittime di violenza si vedono costretti ad anni ed anni di “TSO” istituzionali e percorsi obbligati al fine di ripristinare a tutti i costi un rapporto con il violento. Le madri che si ribellano a questa ennesima violenza perpetrata dalle istituzioni a danno dei propri figli e che hanno l’unico scopo di tutelarli vengono, tramite CTU (relazioni redatte da psicologhe giuridiche), definite come : non collaborative, malevoli, conflittuali ed “alienanti”. Così, causa anche queste relazioni, nelle quali non si prende in considerazione la violenza le vittime diventano magicamente i carnefici.
Sono 13 anni che gli esiti di queste separazioni cosiddette “conflittuali” sono ormai scontati: i figli vengono affidati anche contro la loro volontà, che vuol dire con prelevamenti forzati da parte delle forze dell’ordine, a “comunque padri”, se pur violenti, o a case famiglia o a comunità. Questi bambini vengono strappati dalla loro vita , dalla madre, dai loro affetti, dalla loro scuola e tutto quello che fino a quel momento aveva rappresentato la loro sicurezza e le madri obbligate a percorsi psicologici. Una domanda però sporge spontanea …Ma che padre è, un padre che chiede che i propri figli vengano inseriti in una comunità e di esser prelevati con forza??
Ebbene sicuramente è un uomo che vive la paternità come un diritto da esigere e come un arma per infliggere ancora dolore ai figli e alla madre dei suoi figli. L’amore, il rispetto e le relazioni si conquistano con e azioni e con l’amore non con l’arroganza e la prepotenza. Che Stato è, uno Stato che non riesce a tutelare le donne dalla violenza domestica ma anzi le condanna alla frequentazione dei violenti e a consegnare loro i figli usandoli come arma di minaccia e come accessorio di pena?
Due giorni fa è stata la ricorrenza dei 30 anni della Carta dei diritti dei bambini e degli adolescenti dell’ONU. In effetti è proprio questo su cui dobbiamo rivolgere le nostre attenzioni ossia sui diritti dei minori che sono il futuro del mondo e gli adulti del domani.
Sono propri i nostri ragazzi e i nostri bambini che hanno dei diritti sacrosanti e che vanno tutelati da ogni forma di violenza sia essa domestica o istituzionale. Hanno il diritto sacrosanto di vivere in una società che non sia adultocentrica e che non miri alla tutela dei diritti dei genitori ma che richiami ai doveri che gli stessi hanno verso i figli.
I figli non sono delle proprietà su cui esercitare i diritti ma esseri umani con attitudini e bisogni di sviluppo precisi che i genitori hanno il dovere, seconda dell’età, di coltivare ed incentivare. I bambini vanno protetti, amati, sostenuti, ASCOLTATI e soprattutto rispettati dal punto di vista delle relazioni, dei propri vissuti e non trattati come degli incapaci o dei minorati.
Purtroppo in ambito giuridico, giudiziario e dei servizi, in realtà, la loro voce segue il destino delle loro madri, sempre messa in discussione, ridefinita, negata e fraintesa ed il loro bisogno di rimanere legati alla madre interpretato come una malattia. Vengono chiamati simbiotici, bambini incollati o ancor peggio, con la fantateoria della Pas, alienati! In questo sistema i bambini e gli adolescenti vengono dunque considerati sostanzialmente privi di una propria autonomia di sentimento e giudizio e considerati vittime di madri malevoli e manipolatrici.
Stiamo allevando un esercito di bambini pieni di rabbia per l’assoluta mancanza di rispetto di cui sono stati oggetto e che contano gli anni per arrivare ad avere, con il 18 anno di età, il diritto e la libertà di rinnegare la loro paternità fino al punto di voler rinnegare il proprio cognome ed assumere quello della madre, poiché costantemente massacrati da teorie e modellini aprioristici su quali dovrebbero essere le “configurazioni perfette” capaci di garantire la loro crescita e ai quali dovrebbero aderire con le buone o con le cattive, trasferiti contro la loro volontà e con la forza ed il tutto giustificato con il paradosso che questo venga esercitato per il “ loro bene”.
Il Comitato delle Madri unite contro la violenza istituzionale è nato proprio per denunciare e difendere da questa inaudita violenza istituzionale le parti più vulnerabili, madri e bambini, vittime di violenza domestica e per ottenere il rispetto delle singole storie, dei vissuti, diritto alla salute psicologica e materiale e, soprattutto, per testimoniare a questi bambini ed adolescenti che esiste un mondo che resiste all’ingiustizia perpetrata contro le LORO VITE.
Un messaggio che ci sembra essenziale per rimanere credibili come adulti, agli occhi di chi impara dal modo in cui ci comportiamo più che da lezioncine moraliste prive di sostanza e che soprattutto ripristini la speranza e la fiducia nelle relazioni umane e nel mondo, poiché la perdita di questa fiducia rappresenta il più grave danno che si possa infliggere a questi ragazzi!
In questo momento un bambino di quasi 10 anni sta vivendo, ormai da oltre un mese, nell’incubo di essere prelevato con la forza dai tutori dell’ordine da casa o da scuola per esser strappato dalla madre che l'ha cresciuto amorevolmente dalla nascita, dai suoi affetti e dai suoi amici per essere improvvisamente collocato a casa del padre con un assistenza domiciliare h24 o in una casa famiglia laddove l'esperimento del collocamento presso il padre si rivelasse fallimentare.
Un bambino la cui unica “colpa” è quella di rifiutare un padre da cui ha dichiarato di avere subito violenze e di cui per questo ha paura.
COMITATO MADRI UNITE CONTRO LA VIOLENZA ISTITUZIONALE.
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